Il mito omerico di Ulisse, navigatore di mari ignoti e immensi alla ricerca di spazi sconosciuti per l’innato desiderio umano di seguir virtute e canoscenza e scoprire nuovi orizzonti e popoli, si perpetua nei secoli come riferimento ideale e culturale di ogni impresa umana tesa alla ricerca di mondi e vite inesplorati.

Così è stato nel periodo delle grandi scoperte geografiche, prima fra tutte quella del “Mondo Nuovo”, delle Americhe.
Così è stato, nella seconda metà del ’900, nel caso dei primi straordinari episodi dell’esplorazione spaziale: ne è popolare documento il celebre film 2001. Odissea nello spazio del regista Stanley Kubrick (1968).

Nel 2015, anche Dante è andato nello spazio. La sera del 24 aprile l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, impegnata nella “Missione Futura”, durante la sua permanenza di oltre sei mesi nella stazione spaziale internazionale, ha letto pubblicamente il canto I del Paradiso dantesco in occasione del 750° anniversario dalla nascita del poeta.
E il nome di Dante è stato dato a tre crateri del suolo lunare.

Intanto, il “viaggio di Ulisse” nello spazio continua.
Nel 1977 il programma Voyager degli Stati Uniti ha lanciato due sonde spaziali (Voyager 1 e Voyager 2) che hanno raggiunto la periferia del sistema solare. Al loro interno è conservato anche il Voyager Golden Record: un disco per grammofono che contiene diverse registrazioni audio che documentano la vita sulla terra, per eventuali incontri con razze aliene: messaggi in 55 lingue terrestri (tra le quali l’italiano), suoni caratteristici della vita sul nostro pianeta, musiche.
È il “messaggio in bottiglia” lanciato nell’oceano cosmico, un tentativo simbolico e reale di comunicare con forme di vita extraterrestri.